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Film su San Francesco: ma perché ce lo fanno vedere sempre più bello?

Redazione
Pubblicato il 30-11--0001

Non c’è due senza tre e Liliana Cavani è la prova vivente, lei che torna per la terza volta a cimentarsi con la figura di un santo che indubbiamente l’affascina e la provoca. Dopo Francesco d’Assisi (1966) e Francesco (1989), torna, questa volta in televisione, il 7 e l’8 dicembre in prima serata, su Raiuno. C’è da dire che Francesco affascina autori e registi.


Si misurò con l’Assisiate il grande Roberto Rossellini, affascinato soprattutto dalla straordinaria epopea dei Fioretti, che il maestro seppe trasportare sullo schermo con magica poesia. La Vita di fra Ginepro, poi, finiva per arricchire la sua visione giullaresca di Francesco, che tutto sapeva trasformare, anche il dolore e la morte, in letizia e  canto.


Si misurò con il Santo di Assisi anche Franco Zefirelli, con Fratello sole, sorella luna, film di uno straordinario successo. Non solo i giovani, ma anche studiosi all’epoca già maturi manifestarono per quella pellicola un’autentica passione. Non tutti hanno condiviso o condividono la lettura proposta da Zeffirelli, ma in ogni caso nessuno può negare che con quella fortunata pellicola il regista abbia contribuito a definire un’immagine dell’Assisiate capace d’influenzare profondamente giovani e meno giovani. Certo immagini e colori colpivano, i papaveri tra i campi di grano facevano un bell’effetto. Chiara e Francesco che si rincorrevano fra le spighe finivano però per perpetuare l’equivoco di una coppia mancata, equivoco mantenuto in vita anche dalla bella canzone Posso dire amore a tutti, dello straordinario musical Forza venite gente, nella quale Chiara rivolge a Francesco parole come queste: “La tua sposa, la rinuncia, forse è bella più di me. Tu dai tutto a lei, a me nulla dai…”. Parole e immagini a effetto, non c’è che dire, ma la realtà dei fatti fu ben altra.


Il Francesco (1989) della Cavani mostrava maggior forza, non soltanto perché interpretato da una figura come Mickey Rourke. Più pensoso, inquieto, in lotta. Alcune scene risultano bellissime, come l’abbraccio al lebbroso o tutta la sequenza che precede e segue l’impressione delle stimmate. Non mancavano tentazioni attualizzanti, i colori erano più morti rispetto a quelli, vivissimi, di Fratello sole, sorella luna, e a tratti l’aria diventava pesante. Minor impegno mostrava invece la realizzazione televisiva che vedeva Francesco affidato a un volto ancora una volta attraente (anzi, super attraente) come quello di Raoul Bova.


Ora la Cavani ci riprova: nella sua prima fatica fu ispirata, per sua stessa ammissione, dalla celeberrima biografia di Paul Sabatier; la seconda fatica sembra sostenuta anch’essa da letture solide e impegnate. Della terza ancora non sappiamo. In un articolo pubblicato nel 2013, ella sosteneva che l’assenza di Francesco, recatosi nelle terre d’Oltremare, creò notevoli problemi e tensioni tra i frati; e aveva ragione nel sostenerlo, perché tensioni vi furono realmente, e di non lieve entità, anche se ad essere in gioco non era tanto la povertà (come lei – e non solo lei – sosteneva), quanto piuttosto una diversa concezione della vocazione francescana. Altro aspetto toccato dalla Cavani in quell’occasione fu lo stile di vita condotto da Chiara e dalle sue sorelle, che ella ama vedere impegnate nel mondo. Ma non si può affermare, prove alla mano, che la clausura fu una dimensione di vita alla quale Chiara fu costretta dall’autorità ecclesiastica. Certo, la sua è una prova attesa, poiché mai le sue letture si sono rivelate banali o banalizzanti.


Piuttosto, c’è una questione che vorrei porre, a modo di provocazione, dando però a questo parola il suo senso positivo: “pro-vocare/vocare pro”. Vorrei cioè chiamare a una discussione. Perché la cinematografia, anche quella più impegnata, finisce per dare a Francesco un volto più bello del suo?


Sappiamo infatti che egli non era bello e non curava la propria immagine. Ciononostante, pian piano il mondo imparò a corrergli dietro, com’ebbe a dire lo smarrito frate Masseo. Stupito del potere fascinatorio dell’Assisiate, Masseo non aveva del esitato a ricordargli che non era affatto «bello uomo del corpo». Masseo, in realtà, appariva quasi spiazzato da una sorta di legge di contrappasso: egli che era fisicamente avvenente, ciò che nel mondo gli aveva procurato aderenze e favori, si trovava a dover fare i conti con una realtà diversa, per la quale ad avere seguito e ad essere adulato era un uomo privo di quei canoni che solitamente procuravano gradimento e successo. Era questo che egli non riusciva a spiegarsi, e perciò si rivolse a Francesco: «Dico, perché a te [si legge nel capitolo 10 dei Fioretti] tutto il mondo viene dirieto e ogni persona pare che desideri di vederti e d’udirti e d’obbidirti? Tu non se’ bello uomo del corpo, tu non se’ di grande scienzia, tu non se’ nobile; onde dunque a te che tutto il mondo ti venga dietro?».


Francesco, in sostanza, fu un uomo qualunque, capace di passare inosservato. Tommaso da Celano lo descrisse «di statura mediocre piuttosto piccola, testa regolare e rotonda, il viso un po’ ovale e proteso, fronte piana e piccola, occhi neri, di misura normale e pieni di semplicità, capelli pure oscuri, sopracciglie diritte, naso giusto, sottile e diritto, orecchie dritte ma piccole, tempie piane, lingua mite, bruciante e penetrante, voce veemente, dolce, chiara e sonora, denti uniti, uguali e bianchi, labbra piccole e sottili, barba nera e rada, collo sottile, spalle dritte, braccia corte, mani scarne, dita lunghe, unghie sporgenti, gambe sottili, piedi piccoli, pelle delicata, magro, veste ruvida, sonno brevissimo, mano generosissima» (FF 465). E nella Leggenda dei tre compagni, dopo un sogno nel quale “gli parve di vedere una gallina piccola e nera, con le zampette piumate come una colomba domestica, la quale aveva tanti pulcini che non riusciva a riunire sotto le ali e così i piccoli le giravano intorno restando allo scoperto”, Francesco afferma: “Quella gallina sono io, piccolo di statura e scuro di colorito, che devo essere semplice come una colomba e volare verso il cielo con i sentimenti alati delle virtù” (FF 1477).


Piccolo di statura e scuro, Francesco finisce sempre per apparire bello, perfino alto e possente, nei film, interpretato da personaggi come Lou Castel, Mickey Rourke, Raoul Bova, per citarne alcuni, fino al giovane attore polacco Mateusz Kosciukiewicz, scelto dalla Cavani per quest’ultima sua opera, che certo non difetta, neppur’egli, di bellezza. Un Francesco “piccolo e scuro” fa forse paura? Eppure la gente corre dietro proprio a lui, a quell’uomo semplice e non bello, e continua a subire il fascino. Perché la cinematografia sembra cedere ad altre leggi?

Felice Accrocca

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