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DOMENICA PROIEZIONE ESCLUSIVA DEL FILM DI WENDERS

Redazione online
Pubblicato il 06-10-2018

La proiezione prevista alle ore 21 in sala stampa

Domenica 7 ottobre nella sala stampa del sacro convento di Assisi si svolgerà la proiezione in lingua originale del documentario "Papa Francesco. Un uomo di parola" di Win Wenders. La proiezione di svolgerà alle ore 21. 

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Jorge Mario Bergoglio, papa Francesco, è un perfetto personaggio da film. Letti in questa chiave sono presenti alcuni dei modelli più cari al cinema: l'eroe, il rivoluzionario, e ancora, l'uomo amato dai buoni e odiato dai cattivi. Certo sono definizioni e sintesi estreme, quasi da strillo di magazine, ma presentano una certa sostanza. Eroe: non servono altre spiegazioni, lo è, contorni ce ne sono molti. Rivoluzionario: anche a quel lemma non servono parole, un concetto meno da cinema potrebbe essere riformatore, ma mi sembra... debole. "Amato e odiato": si possono edulcorare gli aggettivi, ma anche quel concetto sta nei fatti.

 

Questo papa divide. Un film c'è già stato, Chiamatemi Francesco, di Daniele Luchetti del 2015. Opera di fiction, corretta. Ma adesso a raccontare il Bergoglio sta arrivando il film Papa Francesco - Un uomo la sua parola, firmato da un autore fuoriclasse, Wim Wenders.

 

Il significato è rilevante. I due personaggi. Wenders: il regista tedesco non è un cattolico, dunque una fonte super partes, grazie a una formazione che rappresenta un unicum. In altri termini: se il tedesco ti fornisce una lettura, ci sono molte possibilità che sia, oltre che corretta, anche portatrice di indicazioni che sorpassano il documento, utili - e lo dico con piccolo paradosso - persino a Bergoglio. Dicendo "unicum" alludo alla vocazione del regista, capace di combinare una chimica non semplice: la cultura tedesca a quella latina. Wenders è figlio dunque di quella cultura che ha dominato in Europa nella prima metà del Novecento. Alludo alla magnifica Scuola di Weimar che aveva re-inventato, magari inventato, alcuni codici fondamentali del teatro, del cinema e delle arti figurative. Wenders ha poi integrato studiando cinema, arte, letteratura, nei maggiori istituti, a Parigi e a Berlino.

 

È nato nell'agosto del '45, così si è lasciato alle spalle la guerra innescata da quel regime, ne ha preso le distanze, come a dire "io non c'entro", poi ha studiato cinema e pittura e 'nel corso del tempo' (un suo titolo) è diventato, secondo mia discrezione, il più grande regista dell'era recente. Anzi "regista" è riduttivo, perché il tedesco sa scrivere da scrittore, progettare da architetto e altro ancora, conseguendo una serie di lauree honoris causa davvero non formali.

 

La sua "cultura latina" viene dichiarata in titoli come Lisbon Story, o Buena Vista Social Club, sulla musica cubana, Il sale della terra, sul fotografo brasiliano Sebastião Salgado. E dunque niente di strano che a un certo punto si sia interessato a un argentino, a uno che conta, che sta cambiando tante cose. Bergoglio è certo il papa del popolo. L'uomo che telefona ai fedeli, è infastidito dall'oro, non abita in 800 metri quadrati, si porta la sua valigetta, entra a comprare in un negozio. Sono alcune istantanee che fanno parte della sua leggenda popolare, momenti di superficie, perché poi c'è la sua azione sulla Chiesa, improntata a una revisione quasi violenta. Un segnale, in questo senso, certo non banale, è il crocefisso con falce e martello che il papa accettò da Evo Morales presidente della Bolivia. Poi ci sono "i sotterranei del Vaticano" per dirla alla André Gide, con la parte ortodossa di porporati che rema contro, mettiamola così. Ma c'è un altro tedesco, Ratzinger, che ha scritto una lettera in soccorso del "collega". Peccato non ci sia stata prima, Wenders l'avrebbe "letta" alla sua maniera.

 

L'opera di Wenders non è un biopic, ma un viaggio insieme. L'obbiettivo è una soggettiva sul mondo. E sugli occhi del pontefice secondo l'autore che certo sa stare al suo posto, ma mettendoci il suo linguaggio. Il tedesco non è intimorito dalla portata degli argomenti globali di Bergoglio che predilige il passaparola piuttosto che i documenti, che si intrattiene, senza fretta, ma per conoscere in profondità, con operai, contadini, bambini, anziani, rifugiati, "ultimi", e che continua a tornare nelle sue favelas, vere o figurate. Poi c'è l'altra faccia della medaglia, quella istituzionale, che mostra il papa nei suoi viaggi, quando parla alle Nazioni Unite e al Congresso degli Stati Uniti, mentre si raccoglie nel lutto per i morti a Ground Zero o presso lo Yad Vashem, il monumento in memoria dell'Olocausto. E poi si rivolge ai carcerati e ai rifugiati nei campi africani, visita la Terra Santa, tutta: Palestina e Israele.

 

Ed ecco il tema che più gli sta a cuore, le differenze, le ingiustizie sociali che nelle epoche, nelle evoluzioni, nel progresso, si sono accentuate invece che avvicinarsi. E dunque ecco il dolore per la condizione dei poveri. Non ignora, Bergoglio, le tematiche ambientali, e costante e trasversale è il richiamo di pace nelle aree delle guerre e fra le diverse fedi religiose. Anche san Francesco viene evocato, colui che ha dato il nome al pontefice. In un momento di crisi profonda della politica e del potere, Bergoglio pone se stesso come modello, si comporta secondo le sua predica. E tutti lo hanno capito, di tutte le etnie, religioni e culture. E Wenders ci mette quel sortilegio di interpretazione e di estetica che rilancia i contenuti. Come un'opera impressionista. (Overview di Pino Farinotti).

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