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Convertitevi e credete al Vangelo. Terza Domenica del Tempo Ordinario

Redazione
Pubblicato il 21-01-2018

Gesù inizia la sua predicazione affermando: “Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete al Vangelo”. Che cosa significa questa espressione? Il Regno di Dio non è una realtà lontana, futura, ma presente. Si manifesta nelle parole e nelle azioni di Gesù, in una parola nella sua persona. Cristo è “dono inestimabile di Dio”, l’ “Amabilissimo Redentore”, il “Dio ammirabile” che si fa vedere. Con Gesù, Dio è all’opera e per questo motivo “Il tempo è compiuto”. Il progetto di Dio, cominciato con la creazione, trova la sua pienezza con la presenza e l’opera di Cristo. Egli viene a riempire il tempo con la sua Persona. E’ lui “l’amore di tutti i secoli”. Cristo è la parola definitiva di Dio all’uomo. Dopo di Lui il Padre non ha più nulla da dire all’umanità.

 

Cosa significa “convertirsi”? Significa cambiare mentalità. E questo è possibile quando si accoglie la persona di Gesù nella quale si manifesta l’amore sorprendente e immeritato di Dio verso l’uomo. L’evangelista Marco, per dirci che cosa comporta il cambiamento della vita, anziché fare discorsi teorici ci presenta la vocazione di due coppie di fratelli: Simone ed Andrea ( w 16-18) e Giacomo e Giovanni ( 19-20).

 

Il racconto della chiamata dei primi quattro discepoli ha un valore storico e teologico.

 

Storico in quanto ci viene tramandato un episodio che è accaduto all’inizio dell’attività pubblica di Gesù e che ha avuto come protagonisti Pietro, Andrea, Giacomo e Giovanni. Con loro incomincia a configurarsi la comunità dei discepoli. Il significato teologico del racconto ci consente di riconoscere le caratteristiche della conversione necessarie per essere cristiani.

 

L’iniziativa parte da Gesù stesso. E’ Lui che passa, che posa suo sguardo d’amore su quei pescatori e li chiama a sé. Nel suo invito, gratuito ed inaspettato, risuona l’appello di Dio. Questo ci porta a riconoscere che la vita cristiana non è tanto una decisione, quanto una risposta. Ciò che colpisce è la prontezza con cui i discepoli accolgono la proposta. Simone e Andrea abbandonano immediatamente le loro reti e Giovanni e Giacomo si separano dal padre e dagli operai per unirsi a Gesù. Questo atteggiamento ci porta a riconoscere che la chiamata del Signore è la grande occasione della vita della quale occorre approfittare. Per questa ragione non c’è posto per i tentennamenti, i ripiegamenti su se stessi, i condizionamenti legati alla professione o agli affetti.

 

 L’aspetto negativo della rinuncia, poi, è ampiamente compensato da quello positivo. Il contenuto della vocazione è dato dalla sequela. Mi metto dietro a Gesù per venire accolto nella comunione di vita con colui che è il Figlio di Dio. Si acquisisce una ricchezza inattesa che supplisce abbondantemente a quello che si è lasciato. Essere discepoli comporta di fidarsi in maniera totale del Signore, senza perdere tempo in sterili discussioni o in inutili problemi. E’ questa la ragione del distacco: una libertà per un nuovo progetto che si presenta come un progetto di condivisione, un progetto di esistenza. Il sì detto, poiché coinvolge la vita, conoscerà momenti di prova, entrerà in notte oscure, ma non subirà mai la smentita da parte del Signore.


S.E. Mons. Francesco Cavina, Vescovo di Carpi

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