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Castel Fidardo. L'accoglienza che funziona è quella dei corridoi umanitari

Mario Scelzo santegidio.org
Pubblicato il 12-07-2019

Una bella storia di integrazione reale e concreta grazie ai corridoi umanitaria della Comunità di Sant'Egidio

Buongiorno a tutti! grazie ai corridoi umanitari organizzati dalla comunità di Sant’Egidio, ho contribuito all’accoglienza e all’integrazione di una famiglia Siriana composta da padre, madre e due bambini di 3 e 7 anni. La loro città di origine è Homs, oramai distrutta dalla guerra dove risulta impossibile immaginare non solo un futuro, ma anche un presente. Li abbiamo ospitati a Castelfidardo, una cittadina della provincia di Ancona, nota per la battaglia per l’Unità d’Italia del 1860 e per l’invenzione della Fisarmonica.”

Con queste parole Silvia Malatini, rappresentante della Associazione Pasci, ha iniziato la sua testimonianza in un recente convegno tenutosi presso la Camera dei Deputati, alla presenza tra gli altri del presidente Roberto Fico, dal titolo “Corridoi Umanitari per una Europa solidale”.

Ogni giorno siamo letteralmente bombardati da immagini e parole relative alla “emergenza migranti” (che poi emergenza non è, basterebbe guardare i numeri molto bassi degli sbarchi per rendersene conto), si sente spesso la frase “non possiamo accogliere nessuno”, senza contare il famoso motto “prima gli italiani”. Mi si permetta di dire che l’attività del Governo in generale e del Ministro dell’Interno in particolare sembra essere totalmente rivolta alla lotta contro le Ong che si adoperano per salvare vite umane. Personalmente, pur ritenendo il tema migrazioni indubbiamente complesso e di forte impatto sulla opinione pubblica, ritengo in Italia ci siano altre emergenze, dalla disoccupazione alla evasione fiscale, dal potere delle mafie all’elevato costo del lavoro, solo per citarne alcune. Il convegno tenutosi alla Camera ha avuto il merito di far emergere i volti e le storie dell’Italia della Accoglienza, storie che troppe volte non riescono a “bucare” la bolla mediatica fatta di dichiarazioni e/o dirette Facebook del politico di turno.

Vi propongo quindi un estratto degli interventi di chi in Italia è stato accolto e di chi ha lavorato, e continua a farlo, per garantire tale accoglienza.

Signore e signori, sono Antoun Assaf, vengo dalla Siria, ho una famiglia piccola; due bambini piccoli, Mousa e Yana, e mia moglie Nadine. La mia storia è simile a quella di molti siriani. Sono nato in una famiglia povera ma che ha fatto di tutto per farmi studiare, per cui ho potuto laurearmi come ingegnere petrolifero ed ho trovato un lavoro. Con la guerra però abbiamo perso la sicurezza, il futuro, il sistema di istruzione è stato rovinato, la generazione più giovane è cresciuta con la vista del sangue, siamo stati privati delle cure mediche e delle medicine….Per questi motivi ho deciso di scappare dalla Siria, anche se è il mio paese e lo amo, e siamo partiti per il Libano. Arrivato in Italia grazie ai Corridoi Umanitari, Antoun racconta poi ai partecipanti del convengo il suo impatto col Belpaese: L’Italia è un paese bello e la gente è aperta, abbiamo trovato delle persone di buon cuore che ci hanno aiutato in tutti i modi, facendoci sentire come una famiglia. In quest’anno ho studiato alla scuola di italiano, ho preso la patente di guida ed ho trovato un lavoro come controllo qualità in una azienda del luogo. Io e mia moglie stiamo facendo le procedure per il riconoscimento delle nostre lauree, i miei figli vanno a scuola e giocano nel giardino insieme agli altri bambini. Ringraziamo tutte le persone che sostengono i Corridoi Umanitari perché stanno dando una nuova vita a molte persone.

Il segreto del successo dei Corridoi Umanitari è quello di non limitarsi solo a far arrivare i profughi in Italia, ma di inserire queste persone in un “tessuto umano di accoglienza ed inclusione”. Ce lo spiega bene il seguito della testimonianza di Silvia: Nonostante gli affanni quotidiani, i mille impegni, l’inesperienza ed i tanti dubbi sulle nostre capacità, abbiamo deciso, insieme agli altri volontari dell’Associazione PASCI, di affrontare con entusiasmo questa sfida, guidati da mio padre, responsabile di questo progetto di accoglienza, purtroppo scomparso dopo solo un mese dal loro arrivo.

L’inizio della nuova vita in Italia non è stato sempre facile e privo di ostacoli. Guidarli nell’inserimento vero, aiutarli a comprendere il nuovo contesto sociale con cui si stavano confrontando è stato il compito per noi più arduo: ‘Non falsare le loro aspettative’, dicevamo tra noi, offrire la prospettiva di una nuova opportunità ma far comprendere le enormi difficoltà che oggi anche le stesse famiglie italiane incontrano quotidianamente e che inevitabilmente si troveranno ad affrontare una volta che avranno ottenuto la loro totale autonomia. Lo studio della lingua italiana, l’inserimento dei bimbi a scuola, l’inizio del percorso del riconoscimento delle loro lauree, il conseguimento della patente di guida, della licenza media italiana, l’ottenimento dell’asilo politico, il rilascio del permesso di soggiorno e, per ultimo (ma non in ordine di importanza!), un impiego lavorativo sono stati solo alcuni dei traguardi raggiunti in questi mesi, grazie all’impegno ed al lavoro di squadra di un piccolo gruppo di persone.

Vederli giungere, dopo solo un anno e cinque mesi dal loro arrivo, ad una quasi completa integrazione, ma soprattutto scorgere il sorriso sulle loro labbra, lo sguardo finalmente sereno e pieno di gratitudine per la seconda opportunità di vita che, pur tra mille difficoltà, siamo riusciti ad offrire, ci riempie di gioia e ci ripaga di tutte le fatiche affrontate per superare gli impedimenti incontrati durante il cammino. A loro volta Antoun e Nadine si sono resi disponibili per guidare l’integrazione di altri ragazzi giunti nella nostra città dopo di loro e che si trovano ora in estrema difficoltà.

La nostra iniziativa di accoglienza ha contagiato tanti, che all’inizio erano un po’ diffidenti, forse per il timore di avere nuovi ‘concorrenti’ che potessero togliere a noi ed ai nostri figli risorse ed opportunità. Poco a poco, conoscendo la famiglia, incontrandola con i bambini, al parco, a scuola o al supermercato, la paura si è sciolta e diverse persone ci hanno offerto aiuto e sono state contente di sostenere questa iniziativa concreta di solidarietà.

La nostra piccola avventura ha assunto il significato di un arricchimento culturale, ma soprattutto umano e sociale; è nuova linfa vitale per noi e per i nostri figli, un’occasione di sviluppo e di arricchimento interiore nel profondo rispetto reciproco.

Come ha detto il Prof. Marco Impagliazzo (Presidente della Comunità di Sant’Egidio) qualche giorno fa accogliendo alcune famiglie di profughi all’aeroporto di Fiumicino, abbiamo sperimentato che davvero i corridoi umanitari sono “corridoi umani” che umanizzano noi e la nostra società!

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