attualita

Cangiari? In Calabria si può e si deve. Intervista a Vincenzo Linarello

Domenico Marcella
Pubblicato il 22-01-2018

Ideatore e promotore della cooperativa sociale Goel che lotta contro la ndrangheta, in Calabria e nel resto d'Italia

Vincenzo Linarello, presidente della cooperativa sociale Goel, ci parla di Cangiari, il brand moda di fascia alta, e non solo.

Siamo in Calabria. Nel luogo dove ogni coesistenza fra i contrari si fa armonia. Passato e presente, tradizione e innovazione sono i protagonisti dei laboratori nati per l’esigenza di offrire qualità e valori ambientali sostenibili. Qui il neo-artigianato etico fa riferimento ai dettami delle epoche lontane. Le trame e gli orditi sono i punti di forza di Cangiari (“cambiare”, in dialetto calabrese), l’azienda di moda eco-etica – nata dal gruppo cooperativo Goel che lavora con i beni confiscati alla mafia – attiva nella realizzazione dell’alta sartoria prodotta con tessuti biologici e naturali, secondo lo standard del Global Organic Textile Standard. Ogni abito viene sapientemente lavorato al telaio a mano con tecniche di matrice grecanica e bizantina che richiamano le preziose regole delle majistre, le maestre che programmavano “le macchine” secondo gli ordini matematici tramandati da secoli attraverso canti, nenie e cantilene. La moda Cangiari prodotta nella locride – in quel sud assai profondo arso dal sole, ritemprato dal mare, e spesso violato dal malaffare – è tessuta con i valori francescani del rispetto della natura e della nonviolenza: «In parole povere, siamo una realtà che ha scelto di operare per valorizzare le sapienti tecniche artigianali calabresi, per contrapporci a quella degenerata della ‘ndrangheta» ci dice Vincenzo Linarello, presidente del gruppo Goel.



Vincenzo, lei ha capito e scelto il valore dell’impresa etica già dalla fine degli anni Novanta. È stato un pioniere.

In Calabria realtà come la ‘ndrangheta e la massoneria deviata dovevano  essere affrontate, combattute e delegittimate in profondità. Potevamo farlo soltanto attraverso l’etica. Non ho fatto altro che mettere in pratica gli insegnamenti del Vangelo, ché è l’unico strumento per risolvere gli annosi problemi sociali.



Ci spieghi meglio.

Le parole di Gesù non entrano nelle singole problematiche, sono valori universali, è vero, ma la chiesa può venirci in soccorso con la sua dottrina sociale e le sue teorie, per affrontare le problematiche contemporanee. 

Noi di Goel abbiamo soltanto messo in pratica i princìpi del Vangelo per bonificare la realtà nella quale ci siamo trovati a dover operare.



Come nasce Goel?

Attraverso l’analisi del territorio. Ci siamo resi conto che c’era un sistema che utilizzava la precarietà come strumento di dominio e di controllo. Questa rete fittissima, gestita dai vertici della ‘ndrangheta alleata con la massoneria deviata, aveva il controllo sui propri uomini piazzati strategicamente nei posti-chiave per dare risposte in cambio di voti elettorali. Tutti questi consensi venivano poi incanalati verso i candidati prescelti che, una volta al potere, potevano tranquillamente controllare famiglie, bisogni e imprese.  A spingerci a dar vita a Goel nel 2003 è stato il bisogno di offrire un’alternativa di scelta efficace e vincente.




La locride è una terra bellissima, ingioiellata da importanti testimonianze storiche, va detto. Come ha accolto la nascita di questo alveare di cooperative sociali?

Come spesso accade, all’inizio veniva osservata da lontano perché nel nostro territorio, quando qualcuno sceglie di creare qualcosa di diverso non genera reazioni positive. Col passare del tempo e con il lavoro svolto, però, tutto è cambiato. Oggi la vicinanza umana è il nostro punto di forza. 



Voi di Goel avete scelto di essere testimoni e promotori di libertà. Non sono mancate le ritorsioni.

Da parte loro c’è sempre stata una risposta violenta, anche se ormai in misura minore. Hanno cercato di ostacolarci svariate volte, nella consapevolezza di non poter più di tanto alzare il tiro perché il consenso locale, ma anche quello nazionale, è davvero forte.



Non ha paura?

A volte mi capita di averne, certo. Ma ritengo di essere una persona privilegiata perché in Calabria succede spesso di fare i conti con la paura. La vera differenza è il modo in cui la si vive. Chi soccombe e sceglie di viverla da solo, fino a subirla, è prigioniero di un’esperienza traumatica. Noi di Goel, donne e uomini, abbiamo scelto la paura come stimolo per stare insieme ed essere forti.



Il vostro alveare di cooperative sociali nella locride ha ridimensionato la piaga della disoccupazione sociale.

Sì, ma i problemi sono ancora enormi. Abbiamo intenzione di continuare ad agire per risolvere definitivamente il dramma della disoccupazione.



Cangiari è stata per molte donne della locride uno stimolo di riscatto.

Sì, è vero; ma non è la cooperativa che dà più occupazione dentro Goel, va detto. Cangiari ha avuto un forte impatto mediatico perché il recupero di una prestigiosa tradizione calabrese ha generato un brand di abiti di fascia alta, 100% biologici. Un’emozione unica, mi creda; è come se le nostre più profonde radici popolari avessero sfilato sulle passerelle di Milano e Parigi. L’idea che molti purtroppo hanno della Calabria è pessima, ma questa terra ha una forza creativa non indifferente.



Fare impresa in Calabria è difficile?

Lo è, perché a causa dei meccanismi malavitosi anche le cose più elementari diventano montagne insormontabili. Chi riesce a far ripresa senza ricorrere a strumenti di affiliazione politica e criminale è davvero un imprenditore virtuoso. La Calabria sta vivendo una nuova primavera, tanti sono i giovani volenterosi che restano o tornano per abbracciare l’innovazione e la sostenibilità. Questo per me è un segnale incoraggiante.



Vincenzo, lei ha realizzato un grande sogno. Mi permetta di invadere la sua privacy e di chiederle se ne ha ancora altri nel cassetto.

Certo. Non sarei umano altrimenti. Ovviamente, come ogni donna e ogni uomo di Goel, sogno di cambiare la Calabria. Non basta aver creato una serie di cooperative sociali. Non siamo pervasi da alcun delirio di onnipotenza, ma per innescare il riscatto ambiamo a stimolare una reazione a catena, a buttar via il primo tassello del domino e liberare le risorse dei calabresi, un popolo che ha energia, capacità e competenza per poter cambiare il proprio futuro. Bisogna crederci e noi continueremo a supportarli per permettere loro di mettersi in moto



Dunque, Cangiari è possibile?

Cangiari si può e si deve. Certo.

Cari amici la rivista San Francesco e il sito sanfrancesco.org sono da sempre il megafono dei messaggi di Francesco, la voce della grande famiglia francescana di cui fate parte.

Solo grazie al vostro sostegno e alla vostra vicinanza riusciremo ad essere il vostro punto di riferimento. Un piccolo gesto che per noi vale tanto, basta anche 1 solo euro. DONA