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Bimba affidata dal giudice a due mamme. Respinto il ricorso del padre: 'E' l'amore che crea una famiglia'. COSA NE PENSATE?

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Respinto il ricorso del padre: «È l’amore che crea una famiglia». A lui resta un fine settimana al mese

Il padre era contrario, quasi incattivito. «La bambina si trova ad essere spettatrice inerme di uno svilente teatrino, costretta ad introiettare un innaturale modello genitoriale formato da due mamme». E invece no. Conta solo il bene. Oppure, per dirla con le parole della madre in questione: «È l’amore che crea una famiglia». Lo ha stabilito anche un giudice del Tribunale di Torino, VII Sezione Civile, respingendo il ricorso del padre e confermando «l’affido condiviso della minore con collocazione e residenza prevalente presso la madre». E lo ha deciso anche alla luce del fatto che la madre, ancora lei, abbia dovuto trasferirsi in un piccolo paese del Sud Italia, quasi in fuga, per cercare la pace di cui aveva bisogno. «Va ancora aggiunto - ha scritto il giudice - che l’attuale relazione della signora le ha causato una serie di conflitti relazionali, poiché la sua scelta affettiva non è stata accettata dai familiari. Dunque, pare potersi affermare che l’ambiente torinese le ha manifestato aperta ostilità». 

La nonna della bambina le ha tolto il saluto. Il suo ex compagno voleva che fosse fatta «anche una indagine sotto il profilo psichiatrico». Il giudice ha citato il pronunciamento della Suprema Corte del 2013: «Alla base delle censure su un modello familiare composto da persone dello stesso sesso, non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale. In tal modo si dà per scontato ciò che invece è da dimostrare, ossia la dannosità di quel contesto familiare per il bambino».
  

Non è pazza, questa donna. Non ha un «contorto modus vivendi». È una donna innamorata, una madre premurosa. Su Facebook, pochi giorni fa, ha scritto: «Ecco la pagella di mia figlia. Sono orgogliosa dei suoi progressi, del suo comportamento, della sua educazione, della sua voglia d’imparare. Questa è la pagella di una bimba che da quasi 3 anni è cresciuta da una coppia di donne. Per tutte le persone che credono che una famiglia non tradizionale possa essere cosi traumatica... Scusate, ma per noi è una gioia immensa». 

L’avvocato Alessandro Vaccaneo ha difeso lei: «È una sentenza importante, una delle prime così nette. Arriva dopo molti incontri con la madre e con la bambina. Il giudice ha ritenuto che non vi fossero problemi di sorta». L’avvocato Arianna Scavone ha difeso il padre: «Non siamo contenti. La signora ha portato via la minore senza richiedere il consenso. È andata a vivere lontana, in un contesto in cui crediamo si possa creare della confusione». Due donne sarebbero sinonimo di confusione? «Il problema non è che sono due persone dello stesso sesso. Ma il fatto che il padre finisca ai margini, sostituito da un’altra mamma, descritta come una figura di sostegno. Infatti la bambina ha detto davanti alla psicologa: “Io ho due madri che si sposeranno”». 

Forse ha inciso nella decisione anche il fatto che per alcuni mesi il padre non abbia pagato gli alimenti. «È successo solo perché aveva perso il lavoro», spiega ancora l’avvocato Scavone. «Non è un uomo che scappa dalle sue responsabilità. Adesso è deluso e profondamente amareggiato». Avreste fatto ricorso anche in caso di coppia eterosessuale? «Non è questione di pregiudizi. La signora dipinge un mondo che non è reale. Da un punto di visto biologico non si possono avere due madri, così come dal punto di vista giuridico due donne non si possono sposare, almeno in italia, almeno fino ad ora. Era solo un dato di realtà». 

La realtà è che il giudice ha dato ragione alla madre. Può vivere con la compagna e con la figlia, nel piccolo paese del Meridione italiano che le ha accolte. Il giudice ha disposto che: «Il padre possa incontrare la minore un fine settimana al mese - dal venerdì all’uscita da scuola alla domenica sera - alternativamente un mese recandosi egli stesso nel paese di residenza e l’altro mese in cui sarà la madre ad accompagnare la minore a Torino, nonché la metà delle vacanze natalizie, le intere vacanze pasquali e per 3 settimane, anche non consecutive, nelle vacanze estive». Ricorso rigettato e condanna del padre al pagamento delle spese legali.  La Stampa

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