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Arte in Basilica: da San Damiano l'avventura cristiana di Francesco

Elvio Lunghi Archivio Fotografico Sacro Convento Assisi
Pubblicato il 04-02-2019

Prima era ancora il figlio di Pietro di Bernardone, un peccatore

Anni addietro Bruno Zanardi, restauratore e storico dell'arte in servizio presso l'Università di Urbino, dimostrò prove alla mano che la decorazione dello zoccolo inferiore nella navata della chiesa superiore ebbe inizio con "la cornice a mensole al di sopra delle scene con il Dono del mantello e del Sogno delle armi e si conclude sulla parte superiore del III pilastro architettonico", ma che "la prima scena a esser stata completata è proprio la quarta del ciclo, ossia la Preghiera di San Damiano".

LE STORIE DELLA VITA DI SAN FRANCESCO IN BASILICA - In pratica, i pittori che dipinsero le storie della vita di san Francesco non partirono dal primo episodio della prima campata, ma dal primo episodio della seconda campata; scelta condizionata, secondo Zanardi, dalla presenza nella prima campata di una iconostasi che portava il Crocifisso dipinto da Giunta Pisano per frate Elia; a mio parere, per l'incertezza in quale piazza ambientare l'episodio dell'omaggio del semplice, poi risolta con una fedele rappresentazione della piazza del Comune di Assisi. Qualunque sia stata la ragione che provocò un rinvio del primo quadro, ne seguì che il primo episodio della vita di san Francesco fu il colloquio di Francesco con il Crocifisso nella chiesa di San Damiano, e in effetti da San Damiano era partita l'avventura di vita cristiana di Francesco.

PIETRO BERNARDONE - Prima di San Damiano, Francesco era ancora il figlio di Pietro di Bernardone, era cioè un mercante in fiera, un peccatore troppo ricco per passare attraverso la cruna di un ago, come recita l'inizio del Testamento di Francesco: "Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo".

INCONTRO CON I LEBBROSI - Nella Legenda Maior, san Bonaventura colloca l'incontro di Francesco con i lebbrosi tra l'episodio del sogno del palazzo colmo d'armi e l'episodio del colloquio con il Crocifisso nella chiesa di San Damiano: il quadro che non c'è. I lebbrosi facevano allora capo all'ospedale di San Lazzaro accanto alla chiesa della Maddalena. San Damiano è a mezza costa del colle sovrastante, a circa tre chilometri in linea d'aria. Esortato dal Crocifisso, Francesco si dedicò al restauro della chiesa di San Damiano, e è probabile che abbia restaurato anche la chiesa attigua all'ospedale del lebbrosi, non lontano dalla quale era il tugurio presso il quale la primitiva comunità dei frati Minori fissò la propria residenza lungo il rivo Torto.

Le due chiese sono talmente vicine che sembrano guardarsi - tre chiese contando anche la tappa intermedia in San Masseo - e ricordano singolarmente il passo seguente nel Testamento di Francesco: "E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, anche in tutte le tue chiese che sono nel mondo intero e ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo".

IL CROCIFISSO - Si è conservato anche il Crocifisso davanti al quale Francesco sostò in preghiera, un Christus triumphans dal corpo eretto e dagli occhi aperti, a significare il Cristo che regna sul trono della croce secondo il racconto del Vangelo di Giovanni. Fu questa una invenzione iconografica che incontrò una notevole fortuna nelle regioni centrali della penisola. Ai tempi di Francesco, a San Damiano era esposto il Crocifisso romanico ora presente nella chiesa di Santa Chiara. Al contrario l’architettura dipinta negli affreschi di Assisi non somiglia affatto alla chiesa di San Damiano, che ha l’aspetto di un edificio ad aula coperto da una volta continua a sezione ogivale, ma ricorda piuttosto una basilica romanica laziale, a tre navate divise da colonnati, con capriate lignee a sostegno del tetto.

IL DIPINTO - Volutamente il pittore ne accentuò lo stato di rovina, per dare più importanza all'intervento di Francesco: le tegole di copertura a due spioventi del tetto sono in gran parte cadute dall’orditura dei travetti sorretti da capriate lignee, è crollata anche la parete di facciata e la testata destra del transetto mettendo in luce la tribuna absidale con l’altare. Francesco è vestito di una semplice tunica rossa, un tempo azzurra, e ha il capo coperto da una cuffia. Ha varcato il recinto del coro e si è messo in ginocchio davanti al gradino del presbiterio, sopra il quale è un altare con sullo sfondo la curva dell'abside.

Sopra la mensa dell'altare è esposto un Crocifisso dalla forma sagomata, verosimilmente alloggiato con un innesto a baionetta sopra un'asola nel lato posteriore della mensa. Benché dipinto di fantasia, il quadro riproduce una situazione reale, come doveva presentarsi in tutte le chiese del mondo, in quel tempo visitate da miriadi di fedeli in cerca di Dio, in tutto simili al figlio di un mercante di nome Francesco: "Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo, in tutte le chiese che sono nel mondo".

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