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A tu per tu, con Andrea Tornielli  Il punto della situazione della professione giornalistica

Antonio Tarallo Freepik
Pubblicato il 23-06-2018

Professionalità, approfondimento e discrezione

Quinta puntata.

A tu per tu, con Andrea Tornielli.

Il punto della situazione della professione giornalistica. Alcune riflessioni sulle parole di Papa Francesco sull’Informazione.

Se pensiamo al mondo giornalistico di oggi, legato a quello della Chiesa, non può che venire in mente un nome: Andrea Tornielli. Professionalità, approfondimento e discrezione. Questi, solo alcuni termini che con il giornalista e scrittore Tornielli prendono “forma” , divenendo non soltanto parole, ma concreti atteggiamenti alla professione. In questo “focus” che sta cercando di analizzare l’Informazione cattolica, alla luce delle parole di Papa Francesco, non potevamo non esporre alcune domande a lui. Gentilmente ci ha concesso questa intervista che vuole essere non solo una “comune intervista”, ma  speriamo uno spunto di riflessione “sullo stato delle cose” e su quelle che “da venire”, diciamo così.

Andrea Tornielli, classe 1964. Quindici anni passati a “Il Giornale”, come vaticanista.   Dal 2011 collabora con “La Stampa” ed è il coordinatore del sito web "Vatican Insider", pubblicato in tre lingue e interamente dedicato all'informazione sul Vaticano e sulla Chiesa cattolica nel mondo. Autore di una cinquantina di volumi. Ricordiamo fra gli ultimi, le importanti biografie di Paolo VI:  “Paolo VI. Il santo della modernità”, San Paolo, 2014 e “Paolo VI. Il papa di Francesco. La difesa della fede del papa beatificato da Bergoglio”, Piemme, 2014. 

Il libro-intervista con Papa Francesco, “Il nome di Dio è Misericordia” (Piemme Edizioni, 2016) è stato pubblicato in ben 85 paesi. 

E’ un mondo iper-veloce. Questo è l’elemento, in fondo, più rilevante che possiamo registrare della nostra Contemporaneità. La sequenza di Chaplin di Tempi moderni, forse, sintetizza tutto un discorso che sarebbe assai lungo affrontare. Concentriamoci su questa Contemporaneità in relazione alla stampa, allora.  Velocità non sempre è sinonimo di profondità, di accuratezza d’indagine. E, molto spesso, le informazioni passando così veloci, non hanno neanche il tempo di sedimentarsi nella riflessione di ogni individuo per lasciare spazio alla riflessione personale, alla criticità. Come, allora, l’Informazione, in un mondo che – difficilmente – ormai riesce a far spazio al silenzio (già lo aveva sottolineato Paolo VI con quel “silenzio della Famiglia di Nazareth”) può fornire gli strumenti necessari a questo importante “processo”? E, secondo lei, spetta al giornalismo anche questo arduo compito?

 

Il punto, credo, non è che l'informazione faccia spazio al silenzio. Il punto, a mio avviso, è che l'informazione sia approfondita, professionale, in grado di far riflettere e soprattutto di fornire a chi ne usufruisce i necessari contesti per comprendere davvero una notizia. L'iper-velocità e i nuovi mezzi della comunicazione digitale hanno condizionato in modo sostanziale l'informazione. Faccio un esempio legato alla mia esperienza: quando ho cominciato a seguire i viaggi del Papa (allora era san Giovanni Paolo II) dovevo scrivere uno-due-tre articoli al giorno per il mio giornale. Ma durante l'intera giornata avevo il tempo di seguire personalmente, essendo presente, ogni evento che vedeva il Papa protagonista. C'era il tempo per incontrare persone, fare interviste. C'era il tempo di visitare i luoghi in anticipo, di annusare l'atmosfera. Insomma c'era il tempo per informarsi meglio, per lasciare “sedimentare la riflessioneˮ prima di mettersi a scrivere, a fine giornata. Poi sono arrivati i cellulari, i social media, le dirette audio, i video. E soprattutto è arrivata l'informazione online. Il lavoro del reporter si è complicato, perché all'articolo o agli articoli per l'edizione cartacea del quotidiano, si aggiungono uno-due-tre pezzi per l'online, si aggiungono i video, etc. etc. Ogni evento va comunicato in forme diverse e in tempo reale.

Se poi, come nel mio caso, si lavora per un quotidiano di carta ma anche per un sito web - o meglio per un vero e proprio giornale online dedicato all'informazione religiosa - la tempestività è indispensabile. Servono nervi saldi, resistenza fisica, velocità di scrittura, capacità di cogliere nessi, contesti ed eventuali precedenti, per aiutare il lettore a comprendere ciò che sta accadendo. Mai come oggi, di fronte all'enorme massa di informazioni o pseudo informazioni presenti nella rete, è fondamentale il contributo dei giornalisti professionisti. Sono convinto che in futuro, anche e soprattutto sul web, a fare la differenza sarà proprio la serietà e la credibilità dei professionisti dell'informazione.

 

Più volte, il Santo Padre, in diversi messaggi rivolti ai giornalisti, ha esortato a non dimenticare soprattutto le “storie delle persone”. E, in questo, Papa Francesco ha fatto riferimento soprattutto a chi vive ai margini. Ora, non possiamo nascondere che la maggior parte del pubblico di lettori (sia di internet, sia della carta stampata) “soffre” troppe volte della “sindrome” di gossip, di fatti eclatanti e possibilmente macabri.  Ogni quotidiano – di qualsiasi carattere sia – sappiamo che per vivere ha bisogno dei suoi lettori, e ne ha bisogno per diversi motivi. Come poter, allora, trovare una misura – definiamola così – tra questa “richiesta” popolare  e l’idea di informazione del Pontefice? O forse, meglio, non trovare “una misura”, e come – in un certo modo – educare (l’aspetto pedagogico è uno degli elementi ricorrenti in Papa Francesco) i lettori a questa “informazione sociale”, definiamola così?

 

Sono convinto che anche oggi, nonostante la sindrome del gossip e la passione per la cronaca nera con dettagli macabri, ci sia ancora molto spazio per le storie ben raccontate. Le storie di vita, le piccole grandi esperienze delle persone, sono ancora in grado di affascinare il lettore e di trasmettere spunti, valori, emozioni. Non discorsi, non analisi teoriche. Ma carne e sangue, drammi e ferite, emozioni e amicizia, dedizione e coraggio, atti d'amore gratuito. Le storie delle persone, con un nome e un cognome, sono assolutamente necessarie e vincenti. A questo si aggiunge l'evangelica indicazione di Papa Francesco, che ci parla dei poveri così come li incontriamo nelle parole e nei gesti di Gesù nel Vangelo. L'educazione a una “informazione socialeˮ è fondamentale, purché appunto sia veicolata attraverso nomi, volti, storie di persone. Curando anche, per quanto possibile e nonostante le difficoltà, di comunicare non soltanto le cattive notizie, ma anche le buone. C'è tanto bene che attende di essere raccontato.

 

“Il Papa che salvò gli ebrei. Dagli archivi segreti del Vaticano tutta la verità su Pio XII”. Questo è il titolo di uno dei suoi più famosi libri, uscito un po’ di tempo fa (è del 2004), è vero, ma che ci permette – grazie al titolo – di introdurre, a mo’ di assist, un tema delicato su cui Papa Francesco più volte ha voluto concentrarsi per parlare di informazione, di notizie, della stampa. “Tutta la verità…”. Ora, la verità ha bisogno sempre di approfondimento e di una certa “storicità”. Quest’ultima quanto manca al giornalismo di oggi? C’è adeguata preparazione per le “nuove leve” in merito a questo?  

 

Considero la passione e lo studio della storia una componente essenziale per chi fa informazione. Come giornalisti siamo per l'appunto legati all'effimero quotidiano, le notizie vengono bruciate molto presto. La conoscenza della storia permette di individuare dei nessi tra il presente e il passato, e magari anche di avere uno sguardo più distaccato rispetto a certe notizie che oggi vengono spacciate come novità assolute o “prime volteˮ che tali in realtà non sono. Caratteristiche fondamentali del buon giornalista sono la curiosità e la capacità di scavare nella notizia senza accontentarsi di versioni di comodo, slogan o “velineˮ. Se ci si pensa, sono caratteristiche anche dello storico, chiamato a scavare sulle notizie del passato confrontandosi seriamente con le fonti, le testimonianze, i documenti. Non mi sento in grado di dare giudizi sulle “nuove leveˮ né di fare paragoni con gli anni in cui tra queste “nuove leveˮ c'ero anch'io. L'unico consiglio (non richiesto) che mi sentirei di dare a chi intraprende questa bellissima professione è di essere umile e di cercare di imparare da quelli che hanno fatto più strada di lui.


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