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Padre Dall'Oglio, Imam Trieste: La sua grande apertura all'altro

Mario Scelzo
Pubblicato il 28-07-2017

A colloquio con Nader Akkad, Imam di Trieste e amico di Paolo Dall'Oglio

Padre Paolo Dall’Oglio è scomparso in Siria da quasi 4 anni, esattamente non si hanno più sue notizie dal 29 Luglio 2013. Secondo alcune fonti sarebbe stato rapito da un gruppo di estremisti islamici vicini ad Al-Qaeda. Di fatto, da 4 anni non abbiamo alcuna notizia e soprattutto alcuna certezza sulla sua sorte. La vita di Padre Paolo è totalmente connessa con quella del popolo siriano, e la sua scomparsa si spiega anche con il caos ormai permanente nel quale la Siria vive da anni.

Per tenere viva la sua memoria (ed anche la speranza di una futura liberazione), ho intervistato l’Imam di Trieste Nader Akkad: siriano, ingegnere e ricercatore all’Ictp di Miramare, ma soprattutto uomo del dialogo ed amico personale di Padre Paolo dall’Oglio. Qui di seguito l’intervista.


Come ha conosciuto Padre Paolo Dall'Oglio?

Ho conosciuto Paolo Dall’Oglio nell'ottobre 2012 ad un incontro con la comunità dei Gesuiti presso il centro Veritas di Trieste, incontro organizzato da padre Mario Vit, gesuita di grande spessore e aperto al dialogo con la comunità islamica triestina. Come siriano già conoscevo di fama Padre dall'Oglio, era a tutti  famoso come il giovane gesuita italiano da trent'anni impegnato nel dialogo e nel restauro e nella ricostruzione del monastero monastico di Mar Mousa El Habasci, realtà nella quale con l'aiuto di molti volontari Cristiani e Musulmani aveva di fatto creato una comunità aperta al dialogo e alla fratellanza, praticando il buon vicinato, attivandosi concretamente in favore della pace, della convivenza e del dialogo tra le culture e le religioni.


Hai un ricordo particolare di lui? un aneddoto, un qualcosa che vi lega?

Una caratteristica di Padre Paolo è la sua grande apertura all'altro.  Si mette all'ascolto con la dovuta attenzione, e quando parla usa un linguaggio vicino al cuore e nello stesso tempo ragionevole e ben argomentato.

Lui si sentiva siriano non solo per il lungo tempo trascorso in Siria ma per il vissuto intenso a contatto con il popolo siriano, parla un arabo con il bel dialetto siriano che lo rende affascinante all’ ascoltatore, mi ricordo durante questa conferenza uno slogan che Padre Paolo ripeteva in lingua araba, Wahid Wahid Wahid El Shaab El Suri Wahid, uno uno uno il popolo siriano uno. Questo era lo stesso slogan dei nostri ragazzi, giovani e giovane siriane ripetuto spesso nelle piazze della libertà nei primi mesi della rivoluzione popolare, uno slogan che faceva ricordare l'unità etnico-religiosa del popolo siriano, tutto il popolo siriano era a gridare questo slogan che richiamava all'unità e alla libertà come valori per tutti.

Questo slogan mi univa con p. paolo, mi faceva sentire con lui che siamo tutti e due siriani e allo stesso tempo siamo italiani uniti in questo breve slogan ma con grande valore umano e civile.


Una domanda sul dialogo interreligioso. Sia tu che Paolo siete uomini del dialogo, come viveva Paolo dall'Oglio il suo essere cristiano in un paese in parte musulmano?

P. Paolo è un autentico italiano gesuita cattolico, ma si sentiva nello stesso tempo un siriano culturalmente musulmano, questo lo conduceva a condividere due identità molto vicine, con il compito di costruire e allacciare sempre ponti e legami di dialogo con i due popoli. Il suo libro con il titolo “Innamorato dell'islam, credente in Gesù”, parla di questa sua esperienza vissuta in terra musulmana ed esprime questa sua nuova identità come monaco cristiano impegnato ad accogliere nel suo monastero ogni anno migliaia di visitatori musulmani, costruendo ogni giorno un nuovo legame rafforzando il dialogo cristiano islamico e avvicinando i popoli per sentirsi uniti nella fratellanza umana.

Vedo questo modello come una profezia e mi sento molto vicino alla sua visione di come deve essere il vero dialogo, un dialogo di contatto, di vissuto, di testimonianza, posso dire che se devo riportare la mia esperienza di dialogo Interreligioso vorrei che si intitolasse "innamorato di Gesù credente nell'islam". Questo non è un sincretismo culturale-religioso ma un vissuto consapevole dei profondi legami che ci uniscono nel desiderano di vivere tutti nel regno di Dio in armonia finale di rispetto, di valorizzazione e di riconciliazione delle visioni e delle proprie tradizioni religiose nella loro pluralità.

Penso inoltre che il suo essere uomo del dialogo abbia spinto Paolo ad avventurarsi in una difficile operazione di mediazione tra le parti in conflitto, e che questo possa anche in parte spiegare le difficoltà da lui avute con l’Amministrazione Assad, che lo considerava troppo “indipendente”. Paolo era visto dal popolo siriano come un ambasciatore di pace, sentiva di avere una missione di mediatore tra i diversi gruppi in conflitto.


In breve, come vede la situazione della Siria nei prossimi anni?

La Siria vive e soffre per una guerra ingiusta da sei anni, una guerra che trova partecipi diversi attori regionali e internazionali direttamente e per procura. Questa non è una guerra del popolo siriano il quale gridava per uno stato di diritto, gridava per la libertà per la Hurrya mai per la guerra. Questa guerra si fermerà solo quando le forze che l'hanno generata ciascuno per il proprio interesse, decideranno assieme di finirla, non deve mancare la speranza, e non dobbiamo smettere di pregare Dio affinché metta pace nei cuori della gente per spegnere le radici della guerra e dell'odio generato da questa guerra.


Senza creare illusioni, ha qualche ... segnale...speranza...che Paolo possa essere ancora vivo?

Non dobbiamo mai disperare, dobbiamo vivere sempre nella speranza e nella preghiera, il Sacro Corano ci lo ricorda proprio nella storia di Maria, pregando presso il Mihrab nel tempio, quando entrò da lei il suo zio il profeta Zakaria ha visto da Maria frutti freschi fuori stagione, segnale di un miracolo, Zakaria era come la moglie due persone anziane, lui aveva perso la speranza di avere un figlio così aveva smesso di pregare Dio per chiederlo di concederlo un figlio, vedendo questi frutti da Maria ha chiesto lei che tela portati, ha risposto era Dio quello che dà a chi vuole senza misura, in quel momento Zakaria ha ripreso la speranza perduta e ha pregato Dio per un figlio ed è così che nato Giovanni il Battista.

Noi non dobbiamo perdere la speranza, continuiamo a pregare Dio affinché  torni da noi Padre Paolo sano e salvo.

Una ultima parola. Nello spirito del dialogo che ho appreso anche da esempi come quello di Paolo, ho aperto recentemente la mia moschea ai cristiani per festeggiare insieme la chiusura del Ramadam. Insieme al gesuita Padre Luciano abbiamo condiviso il pasto della rottura del digiuno, come segno di unità tra le religioni. Abbiamo anche insieme pregato per la liberazione di Padre Paolo Dall’Oglio.

 

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