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Francesco e Melek di Franco Scaglia

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Nel dicembre del 1219 Francesco si trovava ospite nella tenda che gli aveva messo a disposizione Il Gran sultano della Dinastia degli Ayyubidi MelekEL-Kamel. Francesco rifletteva su ciò che era accaduto negli ultimi mesi. Dopo la conquista di Damietta da parte cristiana, il gran sultano aveva fatto bruciare i propri accampamenti e il ponte sul Nilo per ritirarsi all’interno dell’Egitto.


Melek el- Kamel aveva risalito con le sue truppe il delta del Nilo per una sessantina di chilometri e si era accampato sulla riva sinistra del fiume di fronte al villaggio di Talkha. Una posizione strategica favorevole per contrastare l’eventuale avanzata cristiana verso il Cairo. Dal canto loro i crociati avevano inseguito i nemici accampandosi proprio di fronte e i due eserciti erano dunque separati in quel bacino del Nilo chiamato Bahr Ashmun.


In questa situazione, nell’imminenza dei preparativi per l’inizio delle nuove ostilità, Francesco assieme a Frate Illuminato, aveva convinto con molta fatica il Cardinale Pelagio a dare loro il permesso di varcare la linea del fronte per recarsi dal sultano a predicare il Vangelo. Pelagio temeva che Francesco e Illuminato venissero catturati e giustiziati. Ma la forza persuasiva di Francesco, la sua convinzione che la fede vestita di stracci fosse in grado di superare fossati, difese e difficoltà impossibili anche per le macchine da guerra più sperimentate e che l’amore per il prossimo vince tutto, fece sì che a malincuore Pelagio cedesse sempre temendo che quel bizzarro Frate Francesco corresse verso una brutta e dolorosa fine.


Francesco e Illuminato procedevano lungo la riva del Nilo, osservando con dolore come tutto fosse stato bruciato e saccheggiato. Finalmente incontrarono i primi esseri viventi: due pecore che brucavano tranquille. Francesco disse a Illuminato: “Fratello confida nel Signore poiché in noi si adempie un detto evangelico: “ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi”.

Poi, come Francesco ora ricordava soddisfatto, i lupi non lo avevano martirizzato, anzi. Con Melek aveva dialogato a lungo. I consiglieri del sultano avevano rammentato a Melek di avere promulgato da poco un editto nel quale veniva sancita la decapitazione dei cristiani sorpresi in territorio musulmano. Melek aveva spiegato a Francesco e a Illuminato come i suoi consiglieri avessero ragione ma lui non se la sentiva di rendere esecutiva la pena perché i due frati, sapendo che rischiavano la vita, erano venuti da lui al solo scopo di salvargli l’anima.


A quel punto era iniziato un rapporto tra loro, quasi di amicizia, in ogni caso di rispetto reciproco. E con un’idea comune, quella di una pace che sostituisse il dialogo alla forza e alla violenza delle armi. Ora nel momento dell’addio Francesco aspettava un segnale vero e significativo che testimoniasse quell’intesa. E fu proprio in quel momento della sua riflessione, che un lembo della tenda si alzò delicatamente, Melek entrò da solo e si mise davanti a lui, le braccia conserte.

E gli parlò così: “Ho imparato da te Francesco che cos’è la felicità. Ero convinto che non esistesse. E invece esiste soltanto per chi crede. E tu credi”. Francesco aveva le lacrime agli occhi. Anche Melek era emozionato. Si strinsero la mano consapevoli che era l’ultima che si vedevano.

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