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Custodi, non padroni. Dio pone l’uomo nel centro dell’Eden “perché lo lavorasse e lo custodisse”

Franco Cardini
Pubblicato il 30-11--0001

Ci aveva sì sconcertati, ma in fondo non lo avevamo preso troppo sul serio. Già un Papa gesuita contraddiceva consuetudini, frasi fatte e profezie. Mai un Servus Jesu sarebbe asceso al soglio pontificio: tanto più che la Compagnia aveva notoriamente il “suo” pontefice, il Generale, il “papa nero”. E poi, perché chiamarsi Francesco?

La “proposta cristiana” di Francesco, il seguire nudi il Cristo nudo, la rinunzia a qualunque forma di potenza (non solo la ricchezza o il potere mondano, ma anche la scienza e la cultura), era già inattuale ai primi del XIII secolo; ma non era certo l’unico modo di essere cristiani, e difatti la Chiesa ne aveva accettati e adottati anche altri.

Ma oggi, in un mondo “laicizzato”, vale a dire ateizzato per quanto al suo interno la fede non sia certo morta e molti siano anche coloro che, pur non avendola, sono riluttanti a spogliarsi delle forme di essa, Jorge Mario Bergoglio sembra aver assunto il nome di Francesco per dirci che, ormai, la proposta di Francesco sembra essere rimasta l’unica per i veri cristiani che, ridotti a una minoranza ancora più ristretta di quanto non paia (i “cristiani sociologici” sono altra cosa), non hanno scelta: o diventare sul serio il “sale della terra” o scomparire.

È alla luce di questa adozione della proposta di frate Francesco come unica strada possibile per il cristiano che vanno letti tutti gli atti e i detti di papa Francesco. Se non si capisce ciò, egli resta incomprensibile.

Ciò vale ad esempio per quanto egli ha dichiarato a proposito della lettura del Genesi e del rapporto tra uomo e natura: Dio pone l’uomo nel centro dell’Eden “perché lo lavorasse e lo custodisse” (Gen., 2, 11). Egli non affida all’uomo il governo del mondo affinché egli ne faccia quel che vuole: solo il Creatore è Signore assoluto di tutte le cose. Adamo agisce per delega ed è responsabile delle sue scelte.

Secondo la teologia cattolica il Peccato originale immette un elemento di squilibrio in questo rapporto: la natura, perfettamente sottomessa ad Adamo prima di esso, gli diviene nel complesso ostile dopo. È con la fatica, col sudore della fronte, ch’egli dovrà ormai imporre la sua signoria a un ambiente che lo circonda con ostilità. Esso è la Hyle dei Maestri della “scuola di Chartres” del XII secolo, i fi losofi neoplatonici tanto bene studiati in quel mirabile capolavoro che è Anima Mundi di Tullio Gregory: la natura selvaggia, ribelle, sottomessa all’uomo.

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