Vedo la Chiesa viva! L'ultimo saluto di Benedetto XVI

di Edoardo Scognamiglio

Vedo la Chiesa viva! Sono state queste le prime parole di Ratzinger rivolte ai quindicimila fedeli presenti in piazza S. Pietro lo scorso mercoledì 27 febbraio 2013 per l\'ultima udienza generale. È apparso commosso Benedetto XVI e disarmante per la sua stessa umanità, per la semplicità delle sue parole, per l\'immediatezza dei suoi gesti e segni. Il papa ha parlato con il cuore alla gente e ha sentito il bisogno di ringraziare Dio che guida e fa crescere la Chiesa, che semina la sua Parola e così alimenta la fede nel suo Popolo. Le sue non sono state parole di circostanza né di estrema difesa della vita della Chiesa. In questo tempo di grande crisi spirituale, che tocca i cattolici anzitutto, a partire dalla gerarchia, Benedetto XVI ci invita ad assumere un atteggiamento di fiducia non solo innanzi alle sfide che il mondo ci presenta, ma già nel nostro modo di essere Chiesa e di vivere il Vangelo. Questo sentimento di fiducia non è motivato da strategie diplomatiche, né da una difesa estrema - a ogni costo - della Chiesa cattolica, bensì dalla certezza che la fede orienta la vita e la missione del Popolo di Dio e dalla sicurezza che la Parola di verità del Vangelo è la nostra forza.


Più che continuare a fare gossip e a interrogarci su chi sarà il prossimo Vescovo di Roma o su come vestirà Benedetto XVI a partire dal 28 febbraio 2013 ore 20, dobbiamo prendere sul serio i sentimenti di Ratzinger che, nel suo messaggio, ci ha lasciato un vero testamento spirituale, parole che segnano: 'c'è in me una grande fiducia'; -il Vangelo purifica e rinnova-. Rivolto al Signore e, ripensando all'inizio del suo pontificato, ha avuto il coraggio di affermare: 'Signore, perché mi chiedi questo?; Tu mi guiderai, anche con tutte le mie debolezze'; - È stato un tratto di cammino della Chiesa. Più che piangersi addosso, Benedetto XVI, nel momento di ritirarsi a vita privata senza lasciare la Chiesa e senza scendere dalla Croce, come molti hanno pensato pur senza dirlo esplicitamente (soprattutto tanti uomini e donne di Chiesa!) -, ha parlato dei tanti giorni di sole e di brezza leggera, giorni in cui la pesca è stata abbondante che il Signore ha concesso; e, con un sano realismo, il papa ha affermato anche che vi sono stati momenti in cui le acque erano agitate e i vento contrario.


Io credo che Benedetto XVI abbia voluto dirci, con parole molto semplici e immagini prese dal Vangelo - che meglio rendono il senso della vita e della missione del popolo di Dio - che la Chiesa è un corpo inquieto, un corpo non semplicemente malato, bensì vivo, che si muove, che si dimena nella storia del mondo e si lascia provocare dalla verità e dalla luce del Vangelo e che, nonostante le sue crisi e infedeltà, è - per sempre - il corpo del Signore, suo sacramento, cioè segno efficace di salvezza. Questo corpo inquieto è, in Cristo, un segno efficace di salvezza. Ratzinger ci ha lasciati affidandoci una verità teologica molto importante: la Chiesa è anzitutto di Dio. In questa barca, che è la Chiesa, c'è il Signore. Ratzinger, con il gesto lucido e liberante delle sue dimissioni, ci ricorda un principio teologico molto importante: può esistere una Chiesa senza papa ma non un papa senza la Chiesa; e, ancor di più, il papa è per la Chiesa e non viceversa. In altri termini, si tratta di comprendere fino in fondo che il ministero petrino è sempre e solo un ministero: un servizio per l'unità del popolo santo di Dio! Non è un ministero relativizzato ma relazionato al bene della Chiesa e alla fedeltà del Vangelo! Su questo aspetto dobbiamo ancora molto crescere nella Chiesa sia ai vertici sia alla base. Benedetto XVI ci aiuta a crescere e a liberarci da una visione medievale e faraonica del successore di Pietro! Il papa è a servizio della Chiesa e nella Chiesa: il suo primato non avrebbe senso se non fosse orientato all'unità del popolo di Dio. Il gesto maturo delle dimissioni di Benedetto XVI è sottolineato ancora di più dalle parole di congedo: 'Ho sempre saputo che la barca della Chiesa non è mia, non è nostra, ma è sua. E il Signore non la lascia affondare; è lui che la conduce'.


Più che interpretare la rinuncia di Ratzinger come una fuga dal mondo e dalla responsabilità del suo primato, siamo chiamati, con molta concretezza e semplicità, a rileggerla in prospettiva del servizio spirituale: Benedetto XVI ha scelto la via della preghiera e del silenzio per aiutare la vigna del Signore ad essere fedele al Vangelo. Io sono convinto che le dimissioni di Ratzinger siano il segno di una grande crisi nella Chiesa. D'altronde, krisis lascia intendere l'idea di un cambiamento che è in atto e che occorre orientare (e non subire) attraverso delle scelte concrete e delle decisioni forti. Benedetto XVI, apparso debole nel fisico e stanco nel vigore spirituale, non vuole subire il cambiamento, bensì orientarlo con una scelta molto alternativa e singolare che dà a pensare e che ci farà discutere per lungo tempo.