Parlare con i lupi, parlare con le oche

di Franco Cardini

Ma Francesco, con gli uccellacci e uccellini, con le tortore e con il lupo ci parlava sul serio? Sono belle storie, praticamente delle fiabe, rispondono quasi tutti: e ci sono affezionati, ma non è che ci credano. I dotti poi, gli specialisti, come al loro solito complicano gli affari semplici, e giù a discettare di allegoria, di exempla, di generi letterari, di modelli etico-parenetici.Gli studiosi di agiografia, che talora sono a loro volta dei dotti talaltra invece degli eruditissimi collezionatori di fatti e di testi, rispondono redigendo lunghi elenchi di santi che parlavano con gli animali ancor prima e di più e meglio che non il nostro Povero assisano. Orfeo ammansiva gli animali con il suono della sua cetra eprchéin realtà ne conosceva il linguaggio:se n’è ricordato Mozart ne Ilflauto magico

Quanto ad animali parlanti, non vi dico gli antichi: ilPanchatantra, Esopo, Fedro e così via. Dall’ Iliade all’epica medievale, siamo pieni di cavalli parlanti che poi passano alle favole dei fratelli Grimm: e i menogiovani tra noi ricordano senza dubbio l’eseilarante film americano degli Anni Cinquanta, Francis il mulo parlante, con la deliziosa Patricia Medina che fece sognare tutti noi adolescenti di allora insegnandoci quanto potesse essere sexy una ragazza con gli occhiali.

Se poi entrano in campo antropologi e studiosi di sistemi mitico-religiosi magari comparati, si viene subissati di chiacchiere animali. Insomma, con gli animali ci parlano tutti: divinità di vario genere, profeti, santi, eroi, asceti, sciamani. Ricordate Carlos Castaneda e il suo stregone indio che chiacchierava con le lucertole? Gli uccelli, poi, lo sanno tutti, chiacchierano di continuo, e non solo i imerli e i pappagalli: il difficile, semmai, farli stare zitti. Conoscere il linguaggio degli uccelli è un sicuro segno di elezione divina:le mitologie ne sono piene, da Orfeo a Tiresia a Sigfrido. E Pinocchio, non parlava forse col Gatto e la Volpe? D’altronde, col gatto di casa ci parlava anche mia nonna: l’ho vista io. E spesso litigavano, anche se si volevano un gran bene.

Il fatto è che con gli animali si può parlare sulserio. Una scienza nata ai primi del Novecento e ormai accettata per rigore e originalità, anche se qualcuno continua a farci sopra un po’ d’ironia, è la cosiddetta etologia: la scienza che studia le abitudini degli animali, i loro codici etico-espressivi, e attraverso di essi quelli che potremmo definire i loro sistemi e panorami “mentali”, se così ci si può esprimere (e, dal punto di vista strettamente scientifico, senza dubbio non si può).

Il padre storico della scienza etologica è Konrad Lorenz, le opere più importanti del quale sono state fatte conoscere agli italiani dal benemerito lavoro di traduzione e di sostegno dell’editrice Adelphi. Lorenz, notoriamente, parlava non solo con i cani e i gatti – e fino a lì… -, ma anche con la prediletta oca Martina (un animale saggio e parlante, l’oca: fino dai tempi del Campidoglio e da quelli delle saghe germaniche) e perfino con i pesci corallo.

Se le oche hanno tanto da dire, figurarsi il lupo: che fino dai tempi delle storie medievali della volpe Renard e del lupo Isengrin è notoriamente un gran chiacchierone. Il lupo è cattivo e viene spesso punito o umiliato: da quello di Cappuccetto Rosso all’Ezechiele Lupo di Walt Disney. E’ anche un animale escatologico, come il lupo Fenrir delle saghe norrene. Ma spesso è invece benefico, è il totem familiare che veglia sull’intero lignaggio, come nella cronaca longobarda di Paolo Diacono e nelle fiabe russe, turche e mongole dove abbondano lupi bianchi, grigi e azzurri. Non precipitatevi quindi a sostenere che si tratta di un simbolo demoniaco, come pur insegnano alcuni bestiari medievali. V’è un’affinità profonda tra uomo e lupo: i guerrieri-lupo delle saghe, gli ulfedhnar, lo insegnano.

E il povero lupo di Gubbio? Simbolo di un peccatore, allegoria della minaccia del peccato che può essere vinta solo dalla virtù. Ma il dubbio rimane: e se si fosse trattato solo di una povera bestia affamata e impaurita? E insomma fosse proprio un lupo? Diciamola verità: lo preferiremmo, e Konrad Lorenz è là testimoniarci con i suoi studi che le cose potrebbero proprio essere andate così. Che davvero a Cannara, presso Bevagna, Francesco ha chiamato a sé gli uccelli dell’aria. Che veramente a Greccio ha sigillato il suo patto con il lupo stringendogli la zampa.