Leggere il testamento di frate Francesco (8)

di Grado Giovanni Merlo

Si guardino i fratelli di non ricevere chiese, abitazioni poverelle e tutte le cose che sono costruite per loro, se non siano come conviene alla santa povertà che abbiamo promesso nella Regola, sempre ivi rimanendo come forestieri e pellegrini".
L'ammonimento, che è anche un'esortazione, di frate Francesco insiste sul fatto che i suoi fratelli/frati conservino la condizione degli ultimi, che non hanno nulla e quel poco in cui conducono la propria esistenza è connotato dalla povertà. Questa però per i fratelli/frati è una scelta volontaria, che deve essere costantemente confermata nelle dimensioni materiali e nel modo di essere.
I "forestieri e pellegrini" non hanno riferimenti stabili e sicuri: la loro condizione è la precarietà, è l'instabilità. I "forestieri e pellegrini" sono degli indifesi. Ben si capiscono così le parole che seguono nel Testamento: "Fermamente comando per obbedienza a tutti i fratelli che, ovunque si trovino, non osino di per sé o per interposta persona chiedere lettera alcuna nella curia romana, né a favore di una chiesa, né a favore di un altro luogo, né per la predicazione, né a causa della persecuzione dei loro corpi; ma dovunque non saranno accolti, fuggano in altra terra a fare penitenza con la benedizione di Dio" .

Queste parole richiedono un commento non rapido né superficiale. Occorre leggerle e rileggerle con calma e attenzione: per poterne riparlare con la dovuta conoscenza. Qui un'unico finale rilievo circa il comparire della distinzione tra la "santa Chiesa romana" e la "curia romana". Perché tale distinzione?