Il valore dello sport nella prospettiva francescana

di Silvia Ceccarelli

Nel libro X delle Satire, Giovenale usa la nota sentenza mens sana in corpore sano per esprimere il solido legame tra mente e corpo, specie laddove il benessere mentale dell’uno incida inevitabilmente sulla buona condizione fisica dell’altro. Presso gli antichi, la pratica di un’attività sportiva richiedeva non soltanto l’impegno teso a manifestare le personali abilità fisiche, ma anche la capacità di saper resistere a ogni genere di sforzo e di fatica mentale. Il valore etimologico del lemma sport, la cui radice affonda nell’antico francese desport, rimanda alla oramai desueta accezione di ‘diporto’, che se da un lato è connessa all’attività sportiva praticata dagli atleti, dall’altro rievoca la visione goliardica degli spettatori intenti a godere dell’atmosfera piacevole e festosa rilasciata dalle competizioni sportive. Proprio i francesi furono i primi a ricorrere alla parola sport nell’accezione di ‘ricreazione’ e “tempo libero”, nonché secondo il significato di “andare a diporto” (cioè passeggiare). In un’ottica francescana, lo sport si rifà ai caratteri peculiari di una qualsiasi professione religiosa che preveda giustappunto la custodia di quei valori universali come la solidarietà, l’amicizia, e il rispetto di norme e precetti senza i quali sarebbe concepibile lo svolgimento corretto e imparziale di una qualsiasi gara sportiva. La componente religiosa dello sport è riconoscibile, con maggiore specificità, nel rapporto dell’uomo con la natura (che fa da scenario ai rituali e alle manifestazioni di cui l’atleta diviene protagonista), come pure, ma soltanto in parte, nel culto della bellezza (intesa, in senso francescano, quale riflesso incondizionato delle meraviglie del Creato e non della propria immagine riflessa). L’incontro pacifico e solidale tra popoli diversi, pronti a sfidarsi – come un sol uomo – per raggiungere il medesimo traguardo, dimostra come lo sport intenda valorizzare, unitamente alla forza o alla supremazia fisica, la straordinaria unicità dell’individuo che sulla base delle personali virtù morali è proteso a condividere insieme agli altri, in un contesto di mutua deferenza e disciplina, opportunità di crescita e maturazione. San Francesco, uomo “di media statura, quasi piccolo, […] braccia deboli, mani scarne, dita lunghe, unghie allungate, gambe esili, pelle delicata, magrissimo […]”, amava divertirsi cantando e andando a diporto giorno e notte. Soleva andare incontro all’altro gioiosamente, predicando il Vangelo con gesti efficaci (e vivaci) che davano movimento a tutto il suo corpicino. Con animo fermo e instancabile Francesco accoglieva qualsiasi prova fisica in nome di un’effettiva superiorità interiore, avvalorando l’ipotesi che gli impulsi interni di un animo incline all’umanità e alla giustizia potessero effettivamente perfezionare le doti corporali di qualunque essere umano. Nell’incontro con l’altro va consolidandosi il rapporto, diremmo quasi esclusivo, tra sport e pace, che mira a promuovere il dialogo tra le diverse nazioni nella prospettiva di una sana e pacifica condivisione degli stessi ideali. Contro ogni forma di violenza e di oppressione, lo sport incarna il sacrificio della croce di Cristo (da cui procede il frutto), e i più alti propositi dell’anima umana.