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'Dall’altro mondo', una fiaba su Francesco e San Francesco

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Successe un giorno di tanti, tanti anni fa; la città era Roma e il fatto lasciò il segno nella storia di tutti noi. A quei tempi, doveva essere se non sbaglio il 13 marzo 2013, Roma era una città grande e importante e lí si riunirono tanti cardinali per scegliere il nuovo Papa. Anche il Papa infatti era, a quei tempi e in quegli spazi, una personalità di cui non si poteva fare a meno. In quel tempo addirittura ce n’erano due di Papi, perché non si poteva vivere, se per caso ne fosse morto uno senza che ci fosse stato subito pronto un altro, tanto che si diceva: “vivo un Papa, se ne trova un altro!!!”, come era normale avere moglie e amante, l’uovo oggi e la gallina pure, la botte piena e la moglie ubriaca, tanto va la gatta al lardo che se lo mangia e cosí via.

Il Papa vecchio però, che non era morto,veniva chiamato emerito, che significava che comunque un merito ce l’aveva, se non da morto, almeno da vivo ed era il merito di starsene solo e lontano in un campo di mirti a meditar tra gli orti e questo per non influenzare i cardinali, che riuniti in segreto nella famosa Cappella Sistina, dovevano appunto eleggere il nuovo Papa. E torniamo all’inizio della storia: quel 13 marzo del 2013 nevicava. Grandi fiocchi bianchi cadevano sugli ombrelli neri assiepati sulla Piazza San Pietro, sotto i quali miriadi di persone con striscioni e bandiere cantavano inni di gioia colorati in quel bianco e nero del tempo.

Tutti, ma proprio tutti, ombrelli compresi, guardavano con i nasi all’insú, tra i fiocchi cadenti, per cercare di scorgere se da quel comignolo uscisse del fumo. Sí, perché, come si sa, se usciva fumo nero, voleva dire che i cardinali non si erano messi d’accordo per eleggere il Papa, mentre il fumo bianco avrebbe dato la buona novella. Non solo dalla terra saliva l’attesa, la curiosità e la speranza, ma anche dal cielo e dall’altro mondo qualcuno si stava occupando di quel giorno, quella piazza, quella storia. Forse “occupando” è dire troppo, visto che le vicende di questo nostro mondo agli abitanti dell’Altro mondo interessano poco o niente, ma diciamo che angeli, spiritelli, santi e beati stavano facendo delle scommesse su chi sarebbe stato il nuovo Papa e se la disputavano a carte, a zara e anche a morra.

Francesco, sí proprio lui, il nostro poverello d’Assisi, siccome non amava tutto quel can-can di chiacchiere e scommesse, se ne andava ramingo passeggiando per i raggi del Cielo del sole, dove già Dante a suo tempo l’aveva posto, non sapendo che quello era appunto il suo posto, già previsto dall’eternità e prima dei tempi. Ramingo sí vagava Francesco nel mare di quei raggi, ma solitario no, quello mai!! Gli piaceva, infatti, star lí a parlar e a camminar con gli animali, a cui raccontava storie e storielle, facendoli ridere, saltare, volare e nuotare; e tutto in quel mar del Cielo del sole. Francesco amava tutte le creature; anche quei gianchetti che uscivano in file dai nuvoli rosati e gli si arrampicavano su per il saio per ascoltarlo meglio; amava quegli angeli delfini che guizzavano al violaceo color del crepuscolo, quando il sole tramontava da una parte per sorgere dall’altra.

Soltanto gli uccellini, che lui continuamente chiamava affinché gli si posassero sulle spalle, stavano a debita distanza, forse perché quando era in questo nostro mondo a forza di parlare con gli uccelli, li aveva un po’ rintronati e non si fidavano piú tanto di quel suo continuo cinguettare, garrire e gracchiare. Francesco si preoccupava vedendoli svolazzare via lontano da lui, come se non si curassero delle parole del Santo, poi però tornavano e questo lo tranquillizzava. Tornavano tutti. Forse perché anche se li importunava continuamente, gli si erano affezionati. Ma tornavano veramente tutti?? Beh, per dirla tutta, tutti tutti no; ogni tanto un fringuello o un usignolo o anche un pettirosso, un assiuolo facevano una specie di “fuitina” e, quando meno se l’aspettava, gli volavano via verso la luna o verso i pianeti, ma anche verso la Terra.

Quel 13 marzo 2013 fu la volta di un gabbiano. Francesco passeggiava, come suo solito, sulle rive d’oro del mar del Cielo del sole e camminava tra i raggi del sole che si intrecciano a quelli della luna, quando uno stormo di gabbiani, forse attirati da quell’aureo sciabordio di mare, cielo, sole e luna gli si fecero sopra, formando un’aureola che si librava nell’aria, bianca e lieve, e si dilatava in cerchi concentrici, quanti piú erano i gabbiani che festosi accorrevano. “Fratelli gabbiani – disse Francesco – come siete belli e leggeri e freschi; avvicinatevi, avvicinatevi di piú che vi racconto una storia!” E cosí lo investirono e rivestirono delle loro ali e delle loro piume. Tutti, tutti?? Beh, veramente no.

Nella confusione generale un gabbiano che, a differenza degli altri, conosceva già Francesco dal tempo della sua vita terrena, ne approfittò per svignarsela. “Questo è il momento buono – pensò il pennuto – non si accorgerà di niente!! Non ho la minima voglia di ascoltare per l’ennesima volta le solite storie: quella del lupo di Gubbio, degli uccellini, di Frate Leone e la perfetta letizia, di Chiara, della chiesa da riparare…uffa e basta!! Francé, sarai anche bravo e splenderai piú del sole, ma certo che sei ripetitivo, eh!! Sai che ti dico: tela e viaaa!” E infatti virò da tutta l’altra parte e se ne andò a vedere che cosa stessero facendo gli umani in quel momento; lasciò quel mondo paradisiaco e volò verso l’altro: il nostro. Vola che ti rivola fu subito incuriosito da tutta quella gente riunita sotto gli ombrelli in quella piazza di Roma bianca di neve. Senza rifletterci su nemmeno un momento andò laggiú a curiosare.

Cominciò a roteare librandosi d’aria in aria e di nube in nube, fino a diventare egli stesso piú bianco del bianco di quel cielo e come un grande fiocco di neve dalle falde larghe ed agili andò a posarsi sul comignolo, che migliaia di occhi attenti fissavano in attesa del responso: fumata nera o bianca.

“Guarda un gabbiano…un gabbiano si è posato sul comignolo!!” fece uno. “Ma no, che dici – fece un altro lí accanto sotto il nero dell’ombrello e il bianco del tempo – non vedi che è solo un grande fiocco di neve che ti sembra essere un gabbiano!!” “Sí, hai ragione – riprese il primo –ma con tutto questo biancore accecante, devo avere delle allucinazioni…eppure, eppure..mi pare di vederlo volare lí intorno al comignolo e…senti, senti come garrisce e stride!! Che sia forse veramente un gabbiano mascherato da fiocco di neve o un fiocco di neve mascherato da gabbiano??”

L’altro non rispose, ma lo guardò come si guarda un folle. Anche Francesco, dall’altro mondo, si guardò intorno e vide che un gabbiano mancava. Non ci pensò su due volte ed eccolo arrivare, forse anche lui sotto forma di fiocco di neve, per andare a parlare con fratello gabbiano e riportarselo nell’altro paradisiaco mondo. Il gabbiano tuttavia, per sfuggire alle troppe chiacchiere del bravo Francesco, vide una sola via di fuga e si infilò velocemente nel calduccio del comignolo e dentro vi scomparve. “È bianca, è bianca!!” urlarono tutti quegli ombrelli neri. Ed in effetti dal comignolo usciva la tanto sperata e sospirata fumata bianca. Fu uno scroscio di fiocchi di neve piú fitti e piú grandi, insieme a mani che battevano felici e al fumo che lieto si diffondeva nella lucentezza di quella tarda serata.

A quel punto fu un tutt’uno: la finestra dell’appartamento del Papa si aprí e una voce argentina proclamò il fatidico: “Habemus Papam!!” e dalla finestra un volto sorridente e luminoso disse: “Cari fratelli e sorelle buona sera, eccomi a voi, sono Francesco. I miei confratelli cardinali mi hanno chiamato da un Paese quasi alla fine del mondo, direi dall’altro mondo!! Pregate per me, affinché il Cielo mi dia la forza,la fede e la volontà necessarie per essere vescovo di Roma e vostro umile pastore!!”

La folla scandí allora a ritmo e festosamente: Fran-ce-sco; Fran-ce sco, Fran-ce-sco!! Francesco quindi era tornato, forse proprio dall’altro mondo sulle ali del gabbiano, ed era nube, neve, gabbiano e fumo; ma era tornato per portare un segno del suo infinito amore dall’altro mondo a questo, al nostro, in quel mercoledí 13 marzo 2013 a Roma.(Andrea Carbonari)

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