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'Il coraggio è una cosa'Danilo Ferrari, cronista di se stesso si racconta nel suo primo libro

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

LA STRAORDINARIA STORIA DI DANILO, QUANDO I LIMITI DIVENTANO ALI

Il mestiere più bello del mondo è in crisi. In tutto il mondo, da Pechino e Los Angeles, da Parigi a Sydney. Per anni si è pensato che la causa fosse l'incontro-scontro tra internet e la tradizionale carta stampata. Sembrava, a giudicare dalle analisi più prestigiose, che correre fosse la soluzione del problema. Correre a conquistare la rete, lanciarsi nell'informazione on-line avrebbe salvato il giornalismo. Oggi sappiamo che non è così, oggi che tanti hanno corso e si sono ritrovati appesi alle nuvole di una rete dove tutto si è appiattito verso il basso, in una comunicazione minima che sopporta poche parole e fa apparire un sito specializzato di pari peso rispetto a qualsiasi altro improvvisato. Oggi sappiamo che la crisi del giornalismo non si risolve semplicemente provvedendo ad una rapida digitalizzazione. La soluzione non si trova tuffandosi con un gran salto nell'informatica. Certo, bisogna pur saperlo fare questo salto: chi non adopera i nuovi strumenti tecnologici si ritrova fuori gioco. Ma anche chi ha imparato ad adoperarli non si è ritrovato al traguardo, bensì solo ad una tappa. La prima. Di fronte agli schermi degli ipad, con le dita sulle tastierine degli smartphone, collegati con tutto e tutti attraverso gigantesche smart-tv, la domanda è riapparsa intatta, epocale nel suo peso storico: il giornalismo è finito? Ed eccoci di nuovo ansimanti, obbligati a correre e a fermarci, ad inseguire il nostro tempo e a riflettere sul nostro futuro. Un giornalista, in estrema sintesi, è un operatore che rende un servizio alla società mettendo in gioco se stesso a garanzia di fonti certe.

In tutto questo arriva Danilo e ci dice: "Se dovessi scegliere una professione, sceglierei quella di cronista 'di me stesso', poiché mi sembra un argomento che abbisogna di approfondimenti: cosa c’è di più difficile che parlare di noi, senza attenuanti?"Danilo cronista di se stesso, dove quel se stesso è proprio il seautón del γνῶθι σεαυτόν, nosce te ipsum: uomo, conosci te stesso e conoscerai l'universo e gli dei. Gli inviati speciali viaggiano attraverso territori devastati da bande di guerriglieri, Danilo viaggia attraverso zone del nostro io non meno devastate dalla mancanza di coraggio nel "raccontarci, metterci in gioco, azzardare, correre il rischio di non essere accettati per quello che siamo". Non può un cronista conoscere il mondo, e raccontarlo, senza conoscere se stesso e senza far conoscere se stesso. Conoscere se stesso per conoscere la propria anima e quindi conoscere il divino. Socrate, le basi di tutta la nostra cultura e il giornalismo: c'è una strada da percorrere per capire la crisi. Strada non facile, come avverte Martin Heidegger nell'intervista allo Spiegel del 1966: "Tutto funziona. Ma proprio questo è l’elemento inquietante: che tutto funzioni e che il funzionare spinga sempre avanti verso un ulteriore funzionare, e che la tecnica strappi e sradichi sempre di più l’uomo dalla terra. Non so se Lei sia spaventato; in ogni caso io lo sono stato alla vista delle fotografie della terra scattate dalla luna." Il funzionare della tecnologia che spinge verso un ulteriore funzionare, come in una gara tra ipad sempre più perfetti e smartphone sempre più smart, non ci aiuta a risolvere la crisi. Questo "funzionare" porta sempre più velocemente nuova conoscenza, eppure in tutta questa velocità continuiamo a sentirci sradicati da noi stessi. Lo spavento del filosofo non è certo per la tecnologia che porta in classe ai ragazzi le foto della terra scattate dalla luna. Oggi possiamo far provare ben altri spaventi. Basta entrare in una scuola qualsiasi e buttar via quel planetario dove tante palle colorate giocano a fare i pianeti attorno alla palla sole, vicine come le bocce a fine partita. Può risultare un po' più angosciante per gli studenti disegnare sulla lavagna il sole grande come una cattedra, per la Terra prendere una biglia di vetro blu e andare a collocarla in fondo all'andito e poi per Plutone raccogliere una pietruzza dalla ghiaia e andare a collocarla dall'altra parte della strada.

È così che la sonda Cassini ha mostrato la Terra in una foto scatta dalle parti di Saturno: una piccola insignificante biglia. Il "funzionare che spinge" ha portato la sonda Voyager fuori dal sistema solare, il che ci fa riflettere sulla storia. Si, perché anche se "l'ulteriore funzionare" ci porterà a comunicare alla velocità della luce, ad un eventuale ipotetico altro pianeta abitato e intelligente comunicheremo comunque solo la nostra storia, il nostro passato. Già ora Voyager, lanciata nel 1977, racconta una civiltà dove i dischi sono di vinile, non esiste internet e non ci sono e-book. Volendola provare tutta, l'inquietudine, possiamo poi sostituire la parola universo con "multiverso" inseguendo la teoria della fisica che ci vede vivere in uno dei tanti mondi possibili e paralleli. Spavento è ritrovarsi immersi nel turbine del "funzionare" dimenticando o trascurando di conoscere se stessi.

Ci sono giornalisti che provano e trovano se stessi e il proprio coraggio andando "a consumare le scarpe" negli eventi più drammatici, come la guerra civile in Siria dove ne abbiamo perso diversi.
Situazione estrema in cui rischiano la morte il giornalista e il giornalismo, l'uno colpito da bombe e proiettili, l'altro sommerso dai filmati degli smartphone fatti dagli stessi combattenti. Coraggio è parola più usata dagli amici di Danilo nelle poesie che gli hanno dedicato:

"Coraggio è mostrarsi al mondo
ricordare come camminare a testa alta è sfidare le leggi del mondo e volare
è salire sulle spalle del mondo
e non cadere
è rimanere immobile
mentre i pianeti girano furiosamente."

(Giuliana Vento)

Il paradosso del giornalismo in crisi è che nei giornali si fa la fila per un posto da inviato in Siria o in qualsiasi altro inferno, mentre non si trova nessuno che voglia misurare il suo coraggio nella terra selvaggia del proprio io. Dall'oblò dell'astronave del suo "corpo dispettoso" Danilo ha colto al volo un'occasione preziosa ed ha iniziato un viaggio dentro se stesso. Non ė uno di quei viaggi con cui si fa carriera nelle redazioni, eppure dovremo tutti, prima o poi, avventurarci nei territori che lui sta esplorando. Pezzo dopo pezzo, Danilo ha scoperto che come cronista di se stesso non ė affatto un disabile, semmai davvero un diversamente abile o meglio ancora un più abile. Così d'improvviso il nostro territorio di normo-abili appare schiacciato dalla mediocritá: possiamo andare dove vogliamo ma non ci andiamo, possiamo fare tutto ma ci nascondiamo dietro la nostra maschera, ci piacerebbe esser sparati verso Marte ma rifiutiamo di viaggiare verso la nostra anima. Se vogliamo che il giornalismo sia ancora un servizio, e altrimenti non potrebbe essere, allora Danilo ci sta indicando una soluzione.

Anche dentro noi c'è un'astronave e nel suo viaggio può portarci a conoscere noi stessi e a scoprire ciò per cui vale la pena vivere. Ad Hollywood, un posto dove ne capiscono, dicono che il pubblico è sanguinario. Ma, poiché sono anche abili mestieranti, dicono pure che alla gente interessa la gente. Non si può fare a meno del reportage dalle zone di guerra. Le regole della cronaca sono durissime.
Tuttavia, alla fine della riflessione sulla crisi del giornalismo, resta una domanda su ciò che ci propone Danilo: se davvero ci interessa la gente possiamo fare a meno di conoscere noi stessi?

di Roberto Olla

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