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L’energia nasce dai rifiuti degli allevamenti

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

L’impronta ecologica passa anche dalla tavola. Recentemente il Barilla Center for Food & Nutrition ha messo a confronto tre menù tipo: vegetariano, mediterraneo, e a base di carne. A fronte di un impatto sull’ambiente di 140 m2 a settimana di un menù vegetariano, se ne consumano 188 m2 per un menù che preveda carne una volta al giorno. In mezzo, con 161 m2 a settimana, si colloca il menù mediterraneo che prevede carne e pesce due volte alla settimana.

Tuttavia, se da un lato gli orientamenti dei consumatori possono contribuire a ridurre l’impatto ambientale della filiera agro-alimentare, un ruolo importante in questa sfida ambientale spetta ai produttori, in particolare nel campo zootecnico. Ad aver raccolto questa sfida c’è Unipeg, uno dei principali operatori nell’allevamento di bovini. La cooperativa, che opera in tutti i processi della filiera (dalla produzione di carne alla vendita del prodotto finito) conta 800 soci allevatori situati nella pianura padana con una potenzialità che supera i 400.000 posti stalla pari al 30% della produzione nazionale.

Nel 2010 Unipeg ha avviato il progetto “Green Energy”. L’idea è arrivata dopo che la cooperativa ha constatato che gli scarti di lavori rappresentavano un costo sempre maggiore per l’azienda. Si poteva fare qualcosa per valorizzare questi scarti? Anche in questo caso i rifiuti possono trasformarsi in risorse. Unipeg è passata allora all’installazione presso la sede di Pegognaga (MN) di un impianto di biogas e di una centrale di cogenerazione a olio derivante dalla colatura del grasso animale prodotto durante la lavorazione. Oggi i due impianti coprono l’intero fabbisogno elettrico annuo dei due stabilimenti Unipeg (Pegognaga e Reggio Emilia), pari a quasi 26 milioni di kW, e generano un surplus di energia elettrica pari al 43% del fabbisogno. I recuperi termici invece coprono il 37% del fabbisogno termico annuo dei due stabilimenti. Grazie a queste azioni, Unipeg ha stimato un risparmio nell’anno 2012 di oltre 3.000 tonnellate di emissioni di CO2.

Unipeg ha posto particolare attenzione anche al consumo idrico. Quest’ultimo è un aspetto molto delicato in ambito zootecnico. Sia per la quantità di acqua che per la loro qualità. In passato gli allevamenti della pianura padana (e i relativi scarichi fognari) sono stati infatti ritenuti tra i principali fattori che hanno inciso sull’eutrofizzazione delle acque del mar Adriatico. «Siamo forti consumatori di acqua, circa 4 metri cubi a capo (su 250 mila animali) – ha dichiarato Leonardo Benatti, responsabile area Energia Ambiente Unipeg -. Ma di quattro metricubi che preleviamo, ne riconsegniamo “purificati” circa 3,7 grazie ai due depuratori che trattano le acque degli stabilimenti. I due impianti hanno facoltà di scaricare nei corsi idrici superficiali. Escono quindi acque – ha sottolineato Benatti - che possono andare tranquillamente nei fiumi».

La cooperativa Unipeg è uno inoltre dei principali fornitori delle carni a marchio Coop Italia. Proprio la Coop ha annunciato recentemente di aver ottenuto una certificazione EDP (Environmental declaration product) per le proprie carni bovine. La certificazione EPD ha rilevato che per ogni chilogrammo di carne di bovino adulto a marchio Coop, vengono emessi mediamente 23,8 chilogrammi di CO2. Secondo l’azienda «rispetto ai dati scientifici disponibili, gli allevamenti Coop si collocano già oggi al di sotto della media. Il dato disponibile deriva dalle indagini effettuate dal Centro studi Barilla ed è di 25,6 kg di emissioni di CO2 per chilo di carne». Ma è possibile ridurre ancora di più l’impatto della filiera? Coop ha sottoposto ad analisi anche le varie fasi della filiera. Dei 23,8 kg di CO2, ben 20,1 sono legati alla fase di allevamento su cui incidono in maniera significativa la gestione delle deiezioni, le fermentazioni enteriche e la produzione delle razioni. Secondo Coop «occorre concentrarsi su queste aree per ridurre gli impatti. In alcuni allevamenti, ad esempio, stiamo rendendo operativi impianti di digestione anaerobica delle deiezioni».

L’attenzione verso la riduzione dell’impatto ambientale della filiera delle carni si sta manifestando anche in rete. È nata recentemente su Facebook e Twitter la comunità “Carni sostenibili”. La comunità si presenta come una vera e propria banca dati che raccoglie le buone pratiche di consumatori e produttori di carne. Perché, come si legge, nella presentazione «la produzione e il consumo di carne possono essere sostenibili, anche per l’ambiente».La Stampa

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