religione

Il Papa in Asia: l’ultima frontiera del cattolicesimo

Redazione online
Pubblicato il 30-11--0001

Il viaggio in Corea del prossimo Ferragosto che Papa Francesco ha annunciato ieri, al termine della messa delle Palme che ha iniziato i riti della Settimana Santa, è in qualche modo un'eredità del pontificato precedente. Benedetto XVI, infatti, non aveva potuto affrontare, come avrebbe desiderato, una lunga trasferta in estremo Oriente.

«Ho la gioia di annunciare - ha detto Papa Bergoglio all’Angelus - che, a Dio piacendo, il 15 agosto prossimo, a Daejon, nella Repubblica di Corea, incontrerò i giovani dell’Asia nel loro grande raduno continentale». La conferma è arrivata ieri perché nella Domenica delle Palme in tutto il mondo si celebra la Giornata della Gioventù, e Francesco in Corea parteciperà all'incontro dei giovani asiatici.

Ma il viaggio, nonostante la sua brevità - quattro giorni più uno di viaggio - tipica dei pellegrinaggi di un Papa che si allontana dalla sua diocesi, Roma, per il minor tempo possibile, ha indubbiamente una valenza che va al di là dell'occasione che lo ha originato. E ha certamente anche una portata geopolitica: il Papa visita un Paese, la Corea, diviso in due Stati, in uno dei quali sopravvive un esempio di socialismo reale con uno dei livelli più bassi di diritti umani. Due Stati sempre sull'orlo di un conflitto che ha rischiato e rischia di assumere una portata mondiale.

L'Asia rappresenta la grande sfida per il futuro della Chiesa cattolica. Oggi è il meno cristianizzato dei cinque continenti, e in alcuni dei Paesi di quell'area, dove convivono civiltà, culture e religioni millenarie molto lontane da quelle che hanno caratterizzato la storia dell'Occidente, la fede cristiana viene spesso associata all'Europa e al colonialismo. In Corea, però, la fede cristiana è stata introdotta dagli stessi coreani, alcuni letterati che nel Seicento avevano conosciuto l’annuncio cristiano attraverso i libri scritti in lingua cinese dai missionari europei.

La sfida per la Chiesa e per un vescovo di Roma come Francesco, il quale da giovane sognava di poter fare il missionario in Giappone, un Paese dove vi è stata una significativa presenza dei gesuiti, è quella di annunciare un messaggio evangelico capace di comunicarsi valorizzando e non mortificando le più diverse culture come avvenne alle origini del cristianesimo. Proprio come seppe fare il grande gesuita Matteo Ricci, ancora oggi ricordato e celebrato in Cina per la sua capacità di assumere cultura e usanze di quel grande Paese.

È in Asia, e in particolare in Cina, che si gioca una partita cruciale per il cattolicesimo nel confronto con il governo di Pechino, che da decenni cerca di esercitare un controllo sulla Chiesa perseguendo una politica religiosa che pretende di interferire nelle sue dinamiche interne, come ad esempio nella nomina dei vescovi. Ma che ora guarda con attenzione a un Pontefice arrivato per la prima volta dopo molti secoli sulla cattedra di Pietro dal di fuori dell'Europa. Ed è sempre in Asia che si gioca anche il confronto con alcune delle forme più radicali dell'islam.(Vatican Insider)

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